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Allo stato attuale molte persone guariscono o convivono per molti anni con la patologia e dopo le terapie tornano alla loro quotidianità lavorativa e familiare.
Un dato da non sottovalutare è quello evidenziato in alcuni studi presentati a Chicago durante il congresso dell’Associazione Americana di Oncologia (Asco): la maggior parte dei malati oncologici non riceve le cure psicosociali di cui avrebbe bisogno, nonostante le raccomandazioni di numerose linee guida di società scientifiche nazionali ed internazionali. A distanza di molti anni dalle cure,  un paziente su tre  riporta rilevanti conseguenze fisiche e psicologiche.     

Affiancare psicologicamente i malati oncologici costituisce un valido alleato alla lotta contro la patologia.

 

Le cause del disagio psicologico.


Il disagio psicologico può dipendere da molteplici ragioni: cause soggettive legate all’individuo (sesso, età, livello di istruzione, stato economico), alla malattia tumorale e alle cure; e cause legate al contesto organizzativo delle struttura sanitaria che presta le cure (presenza di uno Psicologo); la  preparazione dei sanitari (medici e infermieri) alla relazione col paziente ed i familiari e la loro capacità di comunicare, nel rispetto dei bisogni della persona.
E’ dimostrato che un intervento psicologico personale sul paziente, di persona o tramite web, è in grado di modificare positivamente lo stato mentale dei malati, che necessitano di trovare un adeguato spazio emotivo.
Chi affronta un tumore, il più delle volte, perde le sicurezze, le basi sicure della propria vita. Il disagio non dipende quasi mai da un disturbo psicopatologico, ma dal trauma della scoperta della malattia (disturbo post- traumatico da stress). Il paziente deve affrontare: paura, angoscia, tristezza, perdita autostima, depressione; ha difficoltà ad adattarsi alla malattia.

 

Perché consultare uno Psicologo?

Lo Psicologo

ha il compito di dar voce alle emozioni, di aiutare ad elaborare il momento di crisi, a prendere coscienza dell’impatto della malattia sulla qualità di vita, a ritrovare nuove soluzioni di adattamento. Durante i colloqui, si analizza la condizione psichica e la personalità,  i tratti che ostacolano l’adattamento, le risorse interiori, i meccanismi di difesa, le strategie di coping.
Un processo conoscitivo che, oltre a portare una maggior consapevolezza di sé, rafforza l’autostima, riscopre e potenzia le risorse esistenti, permette di ridefinire le priorità.

Inoltre, non va sottovalutata la rete familiare e sociale. Un supporto psicologico mirato, va pensato anche per la famiglia ed il caregiver. Va gestito il senso d’impotenza, di colpa, lo sconforto, l’accettazione della difficile ripresa che interferisce nelle attività quotidiane e nei rapporti interpersonali, l’incertezza per i cambiamenti dei ruoli in famiglia, l’ansia per i risvolti economici, la paura della perdita, fino all’eventuale elaborazione del lutto.
La consulenza di coppia o familiare, è necessaria per sciogliere i nodi nelle relazioni fra malato e coniuge, figli, genitori ecc. E’  essenziale mantenere la coesione familiare, nutrire la comunicazione empatica fra i membri del nucleo familiare, rendere tutti partecipi della malattia e del percorso di cura, mantenere il corretto contatto fisico, evitare l’isolamento.

Non per ultimo, è da tener presente l’impatto destabilizzante che la diagnosi, le terapie chirurgiche e farmacologiche, i cambiamenti corporei possono avere sulla relazione con il partner e sulla sessualità. La consulenza sessuologica, con un approccio integrato potrà fornire un supporto efficace alle difficoltà fisiche, psicologiche e relazionali (sezione consulenza sessuale).


La malattia spaventa e mette alla prova tutti i nostri punti di riferimento.
L’arma fondamentale per fronteggiarla è la ricerca di nuove strategie per gestire al meglio le conseguenze sul nostro benessere psico-fisico.

  • Il dott. Aldo Marinacci e il suo staff impiegheranno la propria professionalità per:
     -    conoscere e riconoscere i bisogni (es. di rispetto della dignità del proprio corpo; di non essere abbandonato, isolato, escluso dalle decisioni; di mantenere una comunicazione aperta con parenti, amici, sanitari; di esprimere la progettualità sul processo di cura e sulla vita economico/lavorativa ecc.)
     -    superare la difficoltà nel chiedere aiuto,
     -    metabolizzare la diagnosi,
     -    valutare le risorse individuali e familiari,
     -    affrontare il processo di cura, le terapie ecc,
     -    riprendere la  normalità: lavoro, vita sociale, relazionale, sessuale,  ecc.,
     -    convivere con la cronicizzazione della patologia,
     -    affrontare il concetto di vita/ morte.


Dott. Aldo Marinacci

Psicologo - Sessuologo Clinico

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